Nel presente mi sorprende la diffusione di una modalità di comunicazione, che si ripete come un fenomeno sociale: il messaggio vocale in alternativa alla telefonata.
Nell'arco della giornata ho ricevuto una serie di annunci da persone conosciute.
Ho percepito il bisogno di poter esprimere un pensiero per intero senza essere interrotti.
Ho percepito il bisogno di esprimere una richiesta, lasciando all'altro il tempo di riflettere sulla risposta.
Ho percepito il bisogno di esprimere velocemente un chiarimento senza doverlo stare a scrivere.
Ho percepito il bisogno di raccontarsi, quando succede che la notizia si trasforma in un monologo.
Soprattutto mi ha colpito la mia reazione a questo modo di comunicare.
Per adattarmi mi sono presa del tempo.
Ho iniziato mettendo per iscritto il mio sentire, facendo una distinzione tra la comunicazione e la mia percezione emotiva.
Ho condiviso la risposta scritta, offrendola al mittente con una lettura.
Ho compreso di avere accolto il mio stupore e di restituirlo con spontaneità senza nasconderlo. Ho cercato di dare voce al mio disagio senza riversarlo all'altro come un rifiuto. Ho sentito il bisognosi di ammorbidire la distanza, che paradossalmente si era creata tra la mia reticenza e l'altrui tempestività nel srotolare parole.
Per un attimo mi sono sentita fuori posto nel mondo.